L’annuale tavola rotonda si è tenuta il 20 marzo 2023 a Olten. A seguito dell’incontro abbiamo celebrato insieme l’uscita del libro “Erzählcafés. Einblicke in Praxis und Theorie.” (Caffè narrativi. Approfondimenti teorici e pratici.).  Il team dei caffè narrativi è arrivato da tutte le parti della Svizzera per discutere insieme alle persone partecipanti se il racconto biografico possa contribuire al processo di costruzione della pace.

Le relatrici principali della giornata sono state l’attivista per la pace Lea Suter e la sociologa Kristin Thorshaug.

Foto: su gentile concessione

Lea Suter ha fornito spunti di riflessione e di dialogo sulla guerra, sulla pace e anche sull’impatto che le parole esercitano sul nostro modo di vedere il mondo. Lavora nel campo delle relazioni internazionali dal 2011, prima per le Nazioni Unite a Ginevra, poi per il think tank di politica estera foraus e per la società Svizzera-ONU. Nel 2017 ha aperto il blog PeacePrints, dove pubblica reportage di pace da zone di guerra. Lea Suter è mediatrice di pace e dal 2023 lavora come responsabile di programma per il settore del pluralismo presso il Think + Do Tank Pro Futuris, di recente fondazione, per il quale elabora eventi aggregativi improntati sul dialogo per risolvere il problema della polarizzazione nella società svizzera.

 

Foto: Interface

Kristin Thorshaug ha valutato il formato e la Rete Caffè narrativi per conto di Promozione Salute Svizzera, giungendo alla conclusione che la partecipazione ai caffè narrativi rafforza la partecipazione sociale e promuove importanti competenze di vita in età avanzata. Ha studiato sociologia in Norvegia e ha conseguito un CAS in materia di diversità e uguaglianza. Presso Interface Politikstudien Forschung Beratung effettua valutazioni e analisi di misure che promuovono le pari opportunità, l’integrazione e la partecipazione sociale.

 

Infine le persone partecipanti hanno avuto la possibilità di prendere parte a dei caffè narrativi di prova in tre lingue e a lavori di gruppo interattivi.

Un libro di successo

Dopo il convegno abbiamo brindato alla recente uscita della raccolta “Erzählcafés. Einblicke in Praxis und Theorie.” (Caffè narrativi. Approfondimenti teorici e pratici.). I tre editori e editrici Gert Dressel, Johanna Kohn e Jessica Schnelle hanno espresso la loro soddisfazione per avere portato a termine con successo questo progetto di due anni che ha visto coinvolte tante persone dalla Germania, dall’Austria e dalla Svizzera. Il libro può essere acquistato al prezzo speciale di 25 franchi da Johanna Kohn.

Alcuni commenti

“È stato un piacere rivedere volti noti e anche nuovi. La rete riunisce persone con background diversi, ma accomunate dall’intento di organizzare caffè narrativi con cura e passione. Quando alla tavola rotonda partecipano così tante persone motivate, torniamo a casa ricchi di stimoli e ispirazioni, pronti per rimetterci al lavoro e dar vita a nuovi caffè narrativi nella propria regione.”
Rhea Braunwalder, condirettrice dell’associazione Rete caffè narrativi

 

Foto: GaM

“Da una parte si ascolta e dall’altra si viene ascoltati, considerati. Tutto questo crea un clima di fiducia e stimola l’interesse verso chi ci sta di fronte.”
Ursula Gull, partecipante da Trüllikon 

 

 

“Se si vuole essere ascoltati – in un processo di comprensione o dialogo – servono anche persone che sappiano raccontare. La forza di riconoscere le esigenze altrui risiede nella capacità di ascoltare. Questo essere visti è il primo passo verso una convivenza pacifica, che io considero un processo graduale.”
Jessica Schnelle, partecipante da Costanza

 

Presentazioni e documenti

Oriana Togni è assistente sociale presso ProSenectute. Fra le altre attività che svolge presso la struttura “Cine…ma” di Gordola si occupa anche di organizzare e moderare i Caffè narrativi, cercando di andare incontro agli interessi e desideri dei partecipanti.

Testo: Valentina Pallucca

Come mai avete deciso di proporre i Caffè narrativi ai vostri utenti?

Oriana Togni: L’idea di proporre i caffè narrativi è emersa dopo essere venuti a conoscenza del progetto di percento culturale Migros. Questo tipo di progetto ci sembrava idoneo da proporre all’interno della Portineria sociale di quartiere, luogo dove si cerca di creare aggregazione, incontro e coesione sociale.

Chi partecipa ai vostri Caffè narrativi?

Chiunque può partecipare ai nostri caffè narrativi. La maggior parte delle persone che vi partecipa sono pensionati poiché solitamente vengono svolti nei pomeriggi, momenti in cui il resto della popolazione lavora. Per gli anziani poter partecipare a un momento di condivisione e dialogo simile è molto arricchente poiché permette loro di incontrare persone, tessere legami e diminuire così l’isolamento sociale e affrontare, allo stesso tempo, tematiche di vario genere restando al passo con i tempi.

Quali sono i temi che riscuotono maggior successo?

Nel 2022 abbiamo svolto 7 caffè narrativi all’interno della portineria Cine..ma di Gordola. Le tematiche affrontate spaziano in diversi ambiti: da quello sociale, a quello economico, culturale ed ecologico fino a sfociare in momenti più informali legati a racconti dei tempi passati. Un caffè narrativo che è stato molto apprezzato è stato quello sul tema “percorso casa scuola” svolto in collaborazione con l’associazione Pedibus. In questa occasione i partecipanti hanno spolverato nella memoria ricordi passati, raccontando i loro vissuti di quando erano bambini. In realtà tutto quello che riguarda tematiche del passato riscuote molto successo nelle persone poiché permette alle stesse di rivivere dei ricordi e riportare alla luce emozioni e momenti vissuti.

C’è un momento che ricordi in modo particolare?

Un caffè narrativo che mi è rimasto impresso nel cuore è stato quello legato al tema della migrazione. Sono rimasta piacevolmente stupita di come i partecipanti fossero molto sensibili alla tematica e ognuno di loro abbia potuto dimostrare sensibilità, empatia e apertura al prossimo a prescindere dall’origine culturale, dal ceto sociale, dal sesso o etnia che sia. È proprio vero come in questi momenti non si può mai smettere di imparare dal prossimo.

Cosa consiglieresti a chi desidera provare a moderare un Caffè narrativo?

Consiglierei vivamente di buttarsi in questa realtà. Di fatto si rimane piacevolmente stupiti dai vari punti di vista che emergono durante i racconti e che talvolta permettono di mettere alla luce delle visioni mai considerate prima. Oltre a ciò, la discussione coinvolge e indirettamente lega le persone creando una sorta di coesione sociale. Aspetto che all’interno del nostro lavoro cerchiamo ogni giorno di valorizzare.

 

CINE…ma di Gordola

La portineria di quartiere CINE…ma di Gordola è un progetto di ProSenectute. È un luogo aperto messo a disposizione della cittadinanza. Oltre a offrire i servizi tipici di una portineria di quartiere vuole essere un luogo di ascolto, ritrovo e scambio, a favore dell’intergenerazionalità e dell’inclusione sociale.

Nino Züllig è emigrata in Germania dalla Georgia in giovane età. Dal 2014 vive a Basilea, dove lavora come interprete. Insieme alla HEKS di Basilea Città e Campagna, ha condotto come moderatrice dei caffè narrativi interculturali. Persone originarie dell’Ucraina e della Georgia hanno parlato della propria nazione e della vita in Svizzera.

 

Ti ricordi del tuo primo caffè narrativo?

Nino Züllig: Come no! Nell’ambito del progetto AltuM – Terza età e migrazione, la HEKS di Basilea Città e Campagna voleva offrire dei caffè narrativi a persone anziane immigrate. Dato che lavoro da molto tempo come interprete per la HEKS, sapevano che parlo russo. Nella primavera 2022 ho tenuto il mio primo caffè narrativo. Hanno partecipato alcune persone rifugiate ucraine e una coppia georgiana di mia conoscenza.

Perché avete proposto il caffè narrativo in russo?

In Ucraina molte persone sono bilingui e, oltre all’ucraino, la loro lingua madre, parlano anche russo. In Georgia la maggior parte delle persone anziane è ancora in grado di comunicare in russo. Il russo rappresentava quindi la nostra lingua comune.

Come viene percepito da un’ucraina un caffè narrativo in russo?

Sapevo che avrei dovuto adottare la giusta cautela nell’offrire un caffè narrativo interculturale in russo. Non si può ignorare la politica. Di solito un caffè narrativo è un ritrovo piacevole in cui ci si sente a proprio agio. Nella mia iniziativa la guerra aleggia sempre sullo sfondo. Come moderatrice devo avere sempre molto tatto, di modo che la conversazione risulti tranquilla e pacifica e le persone si trovino bene. Sia quelle a cui piace parlare russo, sia quelle che non amano questa lingua. Penso di avere un buon riscontro perché vengo dalla Georgia e comprendo entrambe le parti.

Qual è il tuo consiglio?

Durante il caffè narrativo succede spesso che un’ucraina riceva una notizia dal marito in guerra e dunque si distragga. Capisco che poi ne voglia parlare. Nel mio ruolo di moderatrice devo andarle incontro e lasciarla esprimere, ma poi anche tornare al tema dell’incontro. Il caffè narrativo deve essere un luogo di distensione dove si possa parlare di qualcosa di diverso. Il mio consiglio per moderatrici e moderatori è cambiare argomento lentamente e con cautela.

Quali sono i tuoi argomenti preferiti?

Il mio primo argomento è stato “Io in Svizzera”. Le persone hanno riflettuto su come si sentono qui, su com’è stato in passato e sulle difficoltà che devono affrontare. Dopodiché ho individuato un altro argomento: “Vivere bene in Svizzera senza spendere troppo”. Ne è derivato uno scambio di esperienze molto arricchente. Una volta preso il ritmo, ho scelto anche temi più leggeri come “Bellezza e moda”.

Al tuo caffè narrativo partecipano soprattutto persone over 55. Cosa le preoccupa?

La lingua tedesca è lo scoglio principale: le persone anziane fanno fatica ad apprendere. Più si invecchia, più l’esperienza migratoria diventa difficile. Si arriva in un luogo di cui non si parla la lingua e non si conosce la cultura – un vero salto nel buio. Organizzo questi caffè narrativi con passione ed empatia, perché so comprendere bene le preoccupazioni delle persone.

Cosa ti ha sorpreso maggiormente?

Si fanno continuamente delle scoperte. A prescindere da dove siano cresciute le persone, alcune cose sono uguali dappertutto. Una volta abbiamo svolto un caffè narrativo con persone della Svizzera, dell’Ucraina e della Georgia. E abbiamo notato che da piccole tutte facevano giochi simili e avevano persino cibi preferiti simili. La mia conclusione è che il mondo è piccolo, non siamo poi così diversi.

Intervista: Anina Torrado Lara

Legenda: Nino Züllig ha proposto la preparazione dei biscotti come tema per un caffè narrativo.

 

L’intervistata

Nino Züllig ha studiato tedesco all’università in Georgia e si è trasferita in Germania da giovane. Nel 2014 si è spostata con il marito a Basilea. Lavora come interprete interculturale e organizza regolarmente caffè narrativi. Nel tempo libero ama stare con la famiglia e a contatto con la natura incontaminata.

Caffè narrativi interculturali

Dal 2022, nell’ambito del progetto AltuM – Terza età e migrazione, la sede di Basilea Città e Campagna della HEKS offre caffè narrativi. Sei mediatrici e mediatori culturali hanno seguito un apposito corso di formazione con Johanna Kohn e da allora propongono caffè narrativi in diverse lingue. L’iniziativa proseguirà anche quest’anno. I caffè narrativi sono legati tematicamente con altre offerte del progetto AltuM di Basilea Città e Campagna.

Tra giugno e dicembre 2022, su richiesta della città di Ginevra, ho moderato una dozzina di caffè narrativi con i/le residenti di una casa di cura. Un’esperienza umana molto arricchente, che richiede maggiore capacità di adattamento e più creatività di altre per fronteggiare l’imprevisto.

“Cosa ci racconterà oggi?” Questa è la domanda che mi viene posta immancabilmente ogni volta che vengo chiamata a moderare un caffè narrativo con persone anziane che vivono in una casa di cura, prima ancora di aver avuto il tempo di spiegare l’idea di fondo e lo svolgimento del caffè narrativo al quale sono state invitate. E immancabilmente rispondo, con un ampio sorriso che spero piacevole e rassicurante: “Non sono io, sarete voi a raccontare la vostra storia!”, suscitando lo stupore generale. Questo approccio mi porta a credere che parlare di sé e delle proprie esperienze nel contesto di una casa di cura o di riposo avvenga tendenzialmente durante conversazioni private nell’intimità della propria stanza.

Su richiesta del Dipartimento della Cultura e della Transizione Digitale (DCTN) della Città di Ginevra, nell’ambito della promozione del sito web mirabilia.ch sono stati proposti dei caffè narrativi a circoli per anziani e a case di cura. L’obiettivo era presentare questa nuova piattaforma digitale a un pubblico di anziani e far conoscere loro il ricco patrimonio dei musei e delle istituzioni culturali della città. Così, tra giugno e dicembre 2022, sono stati organizzati quindici caffè narrativi, la maggior parte dei quali in case di cura, su argomenti ispirati ai temi trattati sul sito web mirabilia.ch, in questo caso il viaggio.

Conoscersi meglio… anche se ci si conosce già

In generale, e anche quando il piacere di partecipare non era sempre evidente all’inizio, i/le residenti in casa di cura hanno apprezzato molto questi momenti di conversazione rispettosa e di ascolto empatico. Anche se questi incontri non hanno raggiunto pienamente l’obiettivo di promuovere il sito mirabilia.ch, hanno permesso ai/alle partecipanti di esprimersi, di raccontare le loro esperienze, di scoprirsi e di conoscersi meglio al di là del contatto quotidiano.

Cosa ancora più importante: i caffè narrativi hanno (ri)dato a ogni persona un posto singolare e un’identità individuale all’interno del gruppo e hanno valorizzato le storie personali in modo ancora più forte perché i presenti hanno ascoltato con attenzione, senza interrompere, senza commentare, senza giudicare. “A differenza di quanto avviene di solito, si sono ascoltati a vicenda, senza interrompersi o contraddirsi”, ha osservato una collaboratrice presso una casa di cura. Le regole di discussione che si applicano ai caffè narrativi possono sembrare ovvie, ma si rivelano fondamentali in questo contesto.

Adattamento e creatività

La moderazione di caffè narrativi con anziani le cui capacità funzionali, cognitive o sociali sono tendenzialmente in declino pone delle sfide particolari. È necessario sapere adattarsi a circostanze impreviste e avere creatività “per modificare l’impostazione metodologica prevista e riprenderla poi quando risulta vantaggiosa per chi partecipa, in termini di riconoscimento, esperienza e interazione reciproca”, come sottolinea Johanna Kohn, docente presso l’Istituto per l’integrazione e la partecipazione della Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale e membro del team della Rete Caffè narrativi Svizzera.*

Considerando il viavai degli operatori e delle operatrici sanitari/e nella sala dedicata al caffè narrativo, sia per somministrare farmaci a un orario prestabilito, accompagnare qualcuno a una visita medica o integrare chi ha fatto un riposo pomeridiano prolungato, degli aggiustamenti sono sempre necessari. Quelli più frequenti hanno riguardato quattro aspetti:

  • Ritmo: con l’età, il ritmo rallenta. È quindi necessario adattare il modo in cui ci si rivolge alle persone, dare loro il tempo di comprendere la domanda, interpretare le parole che scelgono per esprimersi, riformulare se necessario e semplificare le domande.
  • Filo conduttore: talvolta è difficile mantenere il filo conduttore del caffè narrativo, sia da un punto di vista tematico, perché i/le residenti hanno bisogno di affrontare anche le preoccupazioni quotidiane del momento, sia da un punto di vista cronologico, perché è più difficile per loro parlare di sé nel presente, o addirittura proiettarsi nel futuro.
  • Presa di parola: gli anziani che hanno partecipato ai caffè narrativi in casa di cura mi sono sembrati più in difficoltà a intervenire spontaneamente rispetto agli altri gruppi. Ecco quindi la necessità di un giro iniziale di presentazioni in modo che tutti possano dire il proprio nome e far sentire la propria voce almeno una volta; ciò ha permesso di instaurare un clima di fiducia e, in seguito, di chiamare per nome le persone che sembravano volersi esprimere ma che non osavano farlo senza essere invitate.
  • Udito: molte persone anziane hanno problemi di udito. È quindi importante parlare ad alta voce e lentamente. Purtroppo, queste accortezze non sempre sono sufficienti e a volte creano frustrazione e fastidio nel gruppo. In una delle case di cura, un residente con problemi di udito è stato dotato di una cuffia collegata a un microfono. In modo del tutto naturale, il microfono è diventato un “bastone della parola”, che è stato poi passato a tutti/e coloro che volevano raccontare la loro storia.

Anche l’emozione non è mancata in questi incontri in casa di cura, sia sotto forma di risate che di lacrime. “Si sono creati nuovi legami tra persone che, senza saperlo, avevano punti in comune nelle loro storie di vita”, ha riferito qualche giorno dopo una collaboratrice che era presente al caffè narrativo. “Si è instaurata una sorta di complicità tra le persone che hanno partecipato, condividendo la sensazione di aver vissuto insieme qualcosa di speciale”.

Autrice: Anne-Marie Nicole

Johanna Kohn, “EB Erwachsenbildung. Vierteljahresschrift für Theorie und Praxis” (Formazione degli adulti. Pubblicazione trimestrale di impostazione teorica e pratica), Quaderno 4, 66° anno, 2020, a cura di Educazione cattolica degli adulti Germania (Katholische Erwachsenenbildung Deutschland – Bundesarbeitsgemeinschaft e. V.)

Lo scorso 26 novembre, la Bibliothèque Sonore Romande di Losanna ha ospitato una dozzina di persone per il suo primo caffè narrativo. Si è trattato per giunta di un caffè narrativo inclusivo, dato che ha riunito persone affette da deficit visivi, volontarie e volontari della biblioteca nonché lettrici e lettori. Il tema dell’evento era “Le nostre storie di lettura”. Visto il successo riscosso da questa prima edizione è probabile che l’esperienza verrà ripetuta. Le co-moderatrici Pascale Ernst e Florence D. Perret hanno risposto ad alcune nostre domande.

Intervista: Anne-Marie Nicole

Cosa vi ha ispirato e motivato a organizzare questo caffè narrativo? 

Il caffè narrativo è stato realizzato presso la Bibliothèque Sonore Romande (BSR), la cui utenza è costituita prevalentemente da persone non vedenti. La direttrice di questa biblioteca organizza una volta al mese degli aperitivi letterari allo scopo di riunire le persone che prestano volontariato (lettrici e lettori) e quelle che prendono in prestito gli audiolibri. Avendo partecipato a titolo personale a uno di questi eventi, Florence ha proposto alla direttrice la formula dei caffè narrativi. Il nostro obiettivo era far emergere racconti sulle esperienze di lettura.

 

Quali erano le storie da far conoscere?

Un primo colloquio con la direttrice della BSR ha consentito di confrontarci sulle domande che intendevamo porre. La direttrice desiderava che permettessimo alle lettrici e ai lettori, così come alle uditrici e agli uditori, di avere un confronto sulle proprie esperienze personali. Dal canto nostro, avevamo preparato delle domande più classiche concernenti l’influenza dei libri sulla loro vita. Abbiamo quindi rispettato la struttura dei “normali” caffè narrativi, aggiungendo la dimensione specifica della lettura ad alta voce e dell’ascolto dei libri.

 

Come avete reso accessibile il vostro caffè narrativo? 

La presenza di persone con handicap visivi ci ha spinte a prestare particolare attenzione alla dimensione vocale. Pertanto, abbiamo dato il via al caffè narrativo con un giro di interventi in cui tutte le persone partecipanti sono state chiamate a dire il proprio nome e a fornire un esempio di lettura in corso o recente. Questo ha consentito di fare gruppo e di dare un riferimento spaziale alle persone ipovedenti.

Quali sono state le sfide e come le avete affrontate? 

La moderazione in coppia ha consentito una piacevole alternanza nella gestione delle diverse fasi del caffè narrativo. Allo stesso modo, abbiamo illustrato a turno i dettagli delle regole da seguire. Avevamo predisposto un filo conduttore ricco e vario. Durante la moderazione abbiamo privilegiato la qualità degli scambi rispetto alla quantità delle domande. In questo modo abbiamo adattato il ritmo della moderazione in funzione delle persone partecipanti, saltando di tanto in tanto determinate domande.

 

C’è un momento che ricordate come particolarmente significativo?

Sì. Avevamo previsto una domanda sulla sfera sensuale del libro, ma molte persone hanno affrontato la tematica ancor prima che ponessimo il quesito. Questa armonia di intenti ci ha meravigliato! Prima o dopo, la maggior parte delle persone presenti ha mostrato la propria vulnerabilità, creando dei momenti di intima dolcezza. Volontarie, volontari, persone ipovedenti, accompagnatrici e accompagnatori hanno condiviso dei frammenti molto toccanti delle proprie esperienze legate ai libri.

 

Rete caffè narrativi Svizzera diventa un’associazione. L’attuale team di progetto continuerà a promuovere la diffusione dei caffè narrativi e la loro attenta moderazione anche in futuro.

La Rete caffè narrativi Svizzera è stata fondata nel 2015 sotto forma di progetto di cooperazione tra il Percento culturale Migros e la Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale (FHNW). Negli ultimi anni si è trasformata in una rete nazionale di persone che traggono ispirazione dal metodo del caffè narrativo.

Il Percento culturale Migros rafforza la coesione sociale, confrontandosi costantemente con gli sviluppi attuali della società e offrendo input temporanei. Il Percento culturale Migros ha seguito da vicino la Rete caffè narrativi durante la fase pilota e di avviamento.

Adesso la Rete caffè narrativi si trasforma in un’associazione indipendente con un nuovo ente promotore. Per assicurarne la sostenibilità, il Percento culturale Migros continuerà a supportare la Rete finanziariamente anche nel 2023 e nel 2024.

Rhea Braunwalder e Marcello Martinoni saranno lieti di informarti personalmente dei cambiamenti in atto:

lunedì 5 dicembre 2022, dalle ore 12.30 alle 13.30, su Zoom

Saremo molto felici se continuerai a sostenere la Rete anche in questa nuova forma. Marcello Martinoni (italiano), Anne-Marie Nicole (francese) e Rhea Braunwalder (tedesco) sono a tua disposizione per eventuali domande.

Nel giugno 2022 la Rete caffè narrativi è stata ospite presso lo Schlossgarten Riggisberg. La moderatrice Nisha Andres racconta come con i suoi caffè narrativi sia in grado di far incontrare le persone residenti e la popolazione locale per un confronto informale.

Intervista: Anina Torrado Lara

Presso l’idilliaco Schlossgarten Riggisberg vivono circa 270 persone.

Che esperienza ha con i caffè narrativi?

Nisha Andres: Allo Schlossgarten Riggisberg abbiamo avuto le prime esperienze con i caffè narrativi già prima della pandemia. Per questo ci ha fatto particolarmente piacere ospitare tavola rotonda del 2 giugno 2022! Io stessa modero caffè narrativi e trovo che questa formula sia particolamente adatta a far incontrare le persone in modo informale e ad abbattere le barriere mentali.

Come riesce a farlo allo Schlossgarten?

La nostra competenza chiave è l’inclusione. Lo Schlossgarten si trova a breve distanza dal paese di Riggisberg e offre molte opportunità per stringere contatti: dal negozio Eggladen e il ristorante Brunne fino a eventi come il mercatino di Pasqua, il cinema all’aperto o la festa d’estate, sono molte le iniziative che proponiamo. Il nostro obiettivo è cercare di abbattere le barriere. Succede così che le allieve e gli allievi della scuola vengano spontaneamente al corso di nuoto, che alcuni bambini del paese frequentino il nostro asilo nido e che vendiamo nei mercati i prodotti che realizziamo. Qualche abitante del paese, purtroppo, continua a mostrare reticenza nell’entrare in contatto con persone che reputa essere diverse.

Come reagiscono le persone che risiedono allo Schlossgarten Riggisberg a queste barriere mentali?

Una delle nostre ospiti una volta ha detto: “Serve semplicemente una frase o un sorriso che rompa il ghiaccio per abbattere le barriere”. Lavoriamo ogni giorno per promuovere attivamente lo scambio. Questo funziona bene anche ai caffè narrativi, perché rappresentano occasioni per comunicare in modo gentile, rispettoso e aperto.

Che impressioni le ha lasciato la tavola rotonda?

È stata una giornata bellissima, in cui l’inclusione è stata vissuta in modo molto intenso. Hanno partecipato tantissime persone interessanti e abbiamo apprezzato gli interventi di Johanna Kohn e Gert Dressel. Erano presenti anche persone sordomute accompagnate da interpreti, persone in sedia a rotelle e residenti dello Schlossgarten con malattie psichiche. Uno dei residenti ha detto: “Non avrei mai pensato che si potesse dialogare in maniera così profonda con delle persone sordomute! Mi sono reso conto che esistono anche altre persone con disabilità diverse”.

Qual è il suo consiglio per i caffè narrativi?

Non avere paura di dire qualcosa di sbagliato! Anche a me a volte capita di sentirmi insicura. Vorrei incoraggiare le altre persone ad affrontare la propria insicurezza e a formulare pensieri schietti. Non serve riflettere troppo, basta semplicemente chiedere: “Sono un po’ in dubbio, come posso chiamarti?” oppure “Devo guardare l’interprete o la persona che sta parlando?”. Come moderatrice ho il compito di far notare l’elefante nella stanza. Allora a volte intervengo dicendo: “Mi sto sentendo un po’ a disagio, vale anche per voi?”.

Lo Schlossgarten Riggisberg ha ospitato la tavola rotonda della Rete caffè narrativi (foto: Rhea Braunwalder).

Schlossgarten Riggisberg

Presso lo Schlossgarten Riggisberg vivono circa 270 residenti con disabilità mentali e/o fisiche e lavorano circa 350 collaboratrici e collaboratori. Le persone residenti possono essere occupate in posti di lavoro protetti: nel laboratorio vengono preparate spedizioni, imballati materiali per elezioni e votazioni o fabbricati prodotti. Nel vivaio ci si prende cura del verde comune e si coltivano erbe aromatiche. Molto apprezzata è anche la possibilità di collaborare in cucina, nel ristorante o nella vetreria. La creatività può essere espressa negli atelier, nella manifattura e nell’integrazione lavorativa a bassa soglia.

L’intervistata in breve

Nisha Andres lavora allo Schlossgarten Riggisberg dal 2016. Quale responsabile del settore consulenza e integrazione è la referente per residenti, collaboratrici e collaboratori che si trovano in situazioni di difficoltà. Dopo essersi formata come commerciante al dettaglio, parallelamente all’attività professionale ha conseguito il titolo di pedagogista sociale. Dal 2022 è attiva in diverse istituzioni sociali. Ha molta esperienza nei rapporti con le persone con deficit cognitivi e malattie psichiche nonché pazienti che seguono terapie palliative.

Il 26 agosto 2022, presso la sede dell’ente di animazione giovanile della città di Wil, si sono riuniti 20 moderatori e moderatrici. La giornata è stata dedicata al confronto e alla riflessione sul razzismo e sui caffè narrativi con i giovani. Una retrospettiva di Rhea Braunwalder.

Foto: messa a disposizione
Testo: Rhea Braunwalder

Come si è arrivati alla scelta del luogo?

Circa un anno fa, a Wil (SG) si è costituito un gruppo molto attivo di moderatori e moderatrici che ha preso forma su iniziativa dell’Ufficio integrazione della città. Nell’ambito della Settimana contro il razzismo (marzo 2022), a Wil si sono tenuti svariati caffè narrativi sul tema dell’“appartenere”, in occasione dei quali si sono ascoltate e raccontate storie sul senso di appartenenza – non solo a un Paese, ma anche a gruppi di amici, ad associazioni o a famiglie. Avendo percepito grande energia e motivazione da parte di moderatori e moderatrici, ho deciso che quest’anno l’intervisione si sarebbe dovuta svolgere qui. Ho chiesto dunque a Jara Halef dell’animazione giovanile di Wil se poteva metterci a disposizione una sala.

Come si è svolta la giornata?

Abbiamo iniziato al mattino con un intervento sul palco delle nostre ospiti Jara Halef (educatrice della città di Wil) e Katarina Stigwall (responsabile e consulente dell’Ufficio di consulenza contro il razzismo e la discriminazione dell’HEKS). Le due relatrici hanno illustrato alcuni aspetti del loro lavoro, convenendo che, a prescindere dal contesto, raccontare il razzismo risulti abbastanza difficile. “Ci vuole parecchio tempo prima che le persone trovino il coraggio di venire all’ufficio di consulenza”, spiega Katarina Stigwall. E aggiunge che, al contrario, il caffè narrativo viene percepito come uno spazio protetto. Nel caffè narrativo di Jara Halef alcuni giovani hanno raccontato le loro esperienze di non appartenenza.

Dopo la discussione plenaria siamo usciti insieme a pranzo, così abbiamo avuto molto tempo per i colloqui individuali. I moderatori e le moderatrici hanno parlato tra di loro dei prossimi caffè narrativi, raccolto spunti su temi e questioni e condiviso le proprie storie di vita.

Al pomeriggio, ci siamo focalizzati sui singoli casi in piccoli gruppi utilizzando il metodo dell’intervisione. Abbiamo analizzato in modo approfondito domande come “Cosa fare quando le persone traggono conclusioni negative dalle loro esperienze?” e “Come interagiamo con gli operatori e le operatrici dei media e i loro resoconti sui nostri caffè narrativi?”.

Cosa ho imparato?

Ho capito che l’interesse di moderatori e moderatrici verso il tema del rapporto tra giovani e razzismo è forte. E che una buona moderazione non dipende soltanto da abilità intrinseche: più ci sensibilizziamo sui temi della diversità e più riusciamo a immedesimarci nei sentimenti e nelle realtà di chi racconta, più empatia riusciremo a dimostrare nel condurre la moderazione. Auspico quindi che nella Rete venga trattata la diversità in riferimento alla sfera del genere, della sessualità, della provenienza e delle capacità psicofisiche.

 

Le protagoniste in breve

Katarina Stigwall è responsabile dell’Ufficio di consulenza contro il razzismo e la discriminazione dell’HEKS e ha creato un mazzo di carte che inducono a riflettere sul razzismo nella vita quotidiana. Sul fronte ci sono frasi che di primo acchito sembrano del tutto neutrali, mentre sul retro le stesse frasi vengono contestualizzate storicamente e socialmente e assumono quindi un significato più ampio. Queste carte possono servire da punto di partenza per le discussioni nei workshop. Per maggiori informazioni si prega di rivolgersi all’ufficio di consulenza.


Jara Halef lavora come educatrice presso la città di Wil. Ama interfacciarsi con i giovani in modo spontaneo e rilassato, senza aspettative o ansie da prestazione.

L’idea di questo progetto è nata da Lorenza Campana, volontaria di due progetti del Percento culturale Migros – Caffè narrativi e TaM Tandem al museo. L’idea di Lorenza è stata di integrare i due progetti per realizzare un pomeriggio inclusivo. In quel periodo la Fondazione Lindenberg ospitava un’esposizione di sculture dell’artista ticinese Veronica Branca Masa, dal titolo “Frammento infinito”.

 

Articolo: Valentina Pallucca Forte e Lorenza Campana

 

  • COME AVETE ORGANIZZATO IL CAFFÈ NARRATIVO?

L’idea di Lorenza è stata la seguente: un pomeriggio durante il quale persone non vedenti/ipovedenti e persone vedenti potessero provare le stesse sensazioni attraverso un’esperienza di visita tattile al museo. Abbiamo avuto il privilegio di poter toccare le sculture e di avere con noi la presenza della scultrice, che ha apportato un contributo importante al pomeriggio fornendoci aneddoti e curiosità sulle sue opere. Per consentire a tutti i partecipanti di vivere la medesima esperienza, alle persone vedenti sono state fornite delle mascherine oscuranti da posizionare sugli occhi. Questa  esperienza tattile sarebbe stata accompagnata da un Caffè narrativo sul tema del contatto.

L’organizzazione dell’evento ha richiesto il lavoro congiunto di diversi attori – Caffè narrativi, TaM, centro diurno Casa Andreina, fondazione Lindenberg – Ne è risultato un pomeriggio spensierato ed arricchente per tutti, un’esperienza da ripetere in futuro.

  • QUALE TEMA AVETE SCELTO?

Il Caffè narrativo ha seguito la visita tattile all’esposizione di sculture. Il tema che abbiamo scelto è stato proprio “Con-tatto”, con un gioco di parole relativo al contatto con una superficie, ma anche “con il tatto”, dunque utilizzando il senso del tatto ma anche il muoversi ‘con tatto’ nel rispetto di tutti. L’idea era far sì che i partecipanti condividessero i propri racconti in relazione al contatto. Come è cambiato negli anni, e ancora in periodo di Covid? Quali strategie abbiamo messo in atto per mantenere comunque i contatti in tempo di pandemia? Qual è un contatto particolarmente significativo e che ha avuto un impatto nella nostra vita? Dato che la fase del Caffè narrativo si è svolta successivamente alla visita al museo, in effetti si è poi creata una situazione in cui i partecipanti hanno piuttosto condiviso le loro sensazioni ed emozioni in relazione alla visita appena vissuta. Con Lorenza abbiamo ritenuto giusto concedere il giusto spazio alla volontà di esternare questo tipo di racconti, anche perché – come ci è stato detto dai partecipanti – non capita spesso di poter vivere un’esperienza di questo tipo in un museo.

  • CHI SONO STATI I PARTECIPANTI?

Il nostro obiettivo era coinvolgere gli utenti del centro diurno casa Andreina – Unitas, vale a dire persone non vedenti o ipovedenti e persone vedenti, insieme. Possiamo dire di averlo raggiunto, infatti hanno partecipato 6 persone non vedenti/ipovedenti, e 6 persone vedenti.

  • QUALI BARRIERE SONO STATE PRESE IN CONSIDERAZIONE? QUALI ERANO LE SFIDE E COME SONO STATE AFFRONTATE?

Con Lorenza Campana abbiamo svolto un sopralluogo alla Fondazione Lindenberg per capire dove disporre le sedie per il Caffè narrativo. Abbiamo scelto un angolo in pianura, privo di scale, con le sedie già disposte a cerchio e pronte per accogliere i partecipanti.

  • C’è UN MOMENTO CHE RICORDATE CON PARTICOLARE PIACERE?

Durante il Caffè narrativo un partecipante non vedente dalla nascita ha raccontato in che modo percepisce i colori: ogni colore è associato ad una melodia (rosso – melodie allegre e movimentate, blu – melodie calme, e così via). È stato un momento particolare e interessante perché alcuni dei partecipanti vedenti non avevamo mai pensato a questo aspetto della vita di una persona non vedente.

  • QUAL È IL BILANCIO DI QUESTA ESPERIENZA?

Il bilancio è senza dubbio positivo. Il Caffè narrativo è stato leggermente diverso rispetto al modo in cui lo avevamo pianificato, rivelandosi comunque un ottimo strumento di coesione sociale e di condivisione. Abbiamo capito che una certa flessibilità è importante e che a volte è necessario cambiare in corsa il progetto iniziale. Sarà utile fare tesoro di questa esperienza: la prossima volta svolgeremo prima la fase del Caffè narrativo e solo dopo la visita al museo, in modo che questa non diventi eccessivamente predominante durante la  fase della narrazione.

L’integrazione con altri progetti di tipo sociale è certamente da ripetere.

  • COSA PENSATE DEL METODO DEL CAFFÈ NARRATIVO?

I Caffè narrativi sono un’ottima occasione per condividere pensieri e vissuti con persone che potrebbero essere inizialmente anche sconosciute tra loro.

L’intento è quello di creare coesione sociale, integrazione e comprensione reciproca, di far sentire tutti a proprio agio in modo che si possa percepire sia il calore umano degli altri partecipanti, ma anche come le vite – in fondo – abbiano spesso un punto d’incontro e degli intrecci in comune anche quando le particolarità di ognuno possano far pensare diversamente in un primo momento.

Caffè narrativo: il programma di promozione

Il Caffè narrativo “Con-tatto” ha ottenuto un incentivo di sostegno. Per maggiori informazioni su come candidare la vostra proposta, sul sito troverete tutte le info – Programma di promozione 2022.

Di un caffè narrativo si può dire che sia stato intenso, emozionante, toccante, leggero, allegro o triste. Ma si può affermare che sia stato un successo o, al contrario, un fallimento? Nel secondo caso, non si tratterebbe forse di mettere in dubbio la qualità dei racconti condivisi? Ma i racconti non si giudicano e non si valutano: non sono né buoni né cattivi, né giusti né sbagliati. Sono semplicemente racconti. No, le ragioni per le quali un caffè narrativo possa essere un’occasione “mancata” vanno ricercate altrove: nella preparazione, nella conoscenza preliminare, nell’accoglienza del pubblico e nel contesto.

 

Testo: Anne-Marie Nicole

A inizio dicembre 2021, il Museo Ariana di Ginevra ha organizzato un weekend di festa e partecipazione denominato “L’art pour tous, tous pour l’art” (“L’arte per tutti, tutti per l’arte”) e dedicato all’inclusione e alla diversità del pubblico, con una programmazione culturale che puntava a considerare le attività da una pluralità di prospettive. Nell’ambito di questo evento sono stati proposti due caffè narrativi. In passato presso il museo erano già stati organizzati altri caffè narrativi su iniziativa della mediatrice culturale Sabine. In occasione di questi incontri, il Museo Ariana ha voluto mettere a disposizione del pubblico i propri spazi per fargli sperimentare i benefici della conversazione empatica.

È stato scelto il tema “Piaceri e dispiaceri”, con l’intento di consentire alle persone partecipanti di parlare dei piccoli piaceri che sono il sale della vita e che, come la madeleine di Proust, rievocano gli odori e le emozioni dell’infanzia. E dato che l’obiettivo di questo weekend era stimolare le facoltà sensoriali dei diversi destinatari dell’iniziativa, il tema doveva anche spingere a parlare di ricordi ed esperienze sensoriali: il piacere e il dispiacere dei sensi, il gusto e il disgusto, i buoni e i cattivi odori, la vista e l’udito, che possono regalare grandi gioie ma che purtroppo mancano a determinate persone…

Il sabato, al termine del primo caffè narrativo, che ha visto la partecipazione di una dozzina di persone con e senza disabilità, noi animatrici e mediatrici eravamo insoddisfatte: ci sentivamo come se l’incontro fosse stato sconclusionato, incompiuto. Avevamo in testa ancora le tante emozioni dei caffè narrativi precedenti, durante i quali gli interventi si susseguivano in modo naturale e le storie degli uni facevano eco a quelle degli altri. Ma questa volta, nonostante l’arricchimento fornito da alcune testimonianze e la traduzione nella lingua dei segni che ha reso più dinamico il confronto, eravamo deluse. Cosa non aveva funzionato?

Abbiamo individuato delle ragioni riconducibili in parte alle condizioni esterne e in parte alla preparazione del caffè narrativo.

  • Il contesto. Le condizioni di accoglienza erano ancora influenzate dalle misure di protezione sanitaria contro la pandemia. Di conseguenza, l’ampia sala era stata abbondantemente arieggiata e la temperatura relativamente fresca spingeva a tenere addosso i cappotti. Le sedie, molto distanziate tra loro, formavano un grande cerchio che privava il gruppo di una certa intimità. L’obbligo di indossare la mascherina rendeva a volte poco comprensibili gli interventi. I rumori provenienti dagli altri ambienti del museo distraevano e disturbavano l’ascolto; lo stesso vale per l’andirivieni in sala dovuto ad alcune persone arrivate in ritardo, che tra l’altro non avevano potuto ascoltare le indicazioni iniziali sullo svolgimento del caffè narrativo. Infine, sempre per motivi legati alle misure sanitarie, abbiamo dovuto rinunciare alla parte del “caffè” informale – un momento fondamentale per allacciare dei legami.
  • La preparazione. A posteriori, devo ammettere che ho perso di vista la cornice in cui si svolgevano questi due caffè narrativi. Invece di valorizzare le esperienze sensoriali che le persone partecipanti avevano appena vissuto durante la giornata al museo e di collegare tutto questo a ricordi ed eventi del passato, ho trattato in modo troppo diffuso il tema “Piaceri e dispiaceri”. Questo spiega sicuramente la natura sconclusionata e talvolta incoerente dell’incontro, e probabilmente anche la frustrazione di quelle persone che non hanno potuto esprimersi sulle scoperte e le sensazioni della giornata.
  • Il gruppo. A tutto questo si aggiunge la questione della diversità del pubblico, costituito da persone con disabilità fisica o psichica, da loro familiari e accompagnatori/trici. Con il senno di poi, penso che io e le altre avremmo dovuto lavorare di più sulla dimensione inclusiva della formula del caffè narrativo, ad esempio affidando l’animazione a una persona disabile.

Per il secondo appuntamento abbiamo fatto qualche adeguamento, soprattutto di ordine logistico: ad esempio, abbiamo chiuso la porta della sala all’orario stabilito per l’inizio dell’incontro. Le considerazioni sulla preparazione dell’argomento e sull’accoglienza dei diversi tipi di pubblico sono arrivate successivamente, dopo un momento di confronto tra animatrici e mediatrici e di riflessione personale, come indica del resto la Guida pratica per l’organizzazione dei caffè narrativi.

Questa esperienza mi ha insegnato che ogni caffè narrativo è unico – con il suo ritmo, la sua dinamica e la sua atmosfera. In particolare, mi ha fatto capire quanto sia importante scegliere un luogo accogliente, conviviale e rassicurante, ma anche prepararsi adeguatamente: è essenziale prendersi tempo per riflettere sul tema scelto, innanzitutto in funzione di sé, ma anche del pubblico atteso. Così da poter poi far fluire al meglio la conversazione.